ULTIME DA MACONDO: IL "BLITZ" dal nostro inviato Michele Lotti
pubblicato giovedì 23 maggio 2019 alle ore 23:48:51
Arrivarono con le prime luci dell'alba, come sempre quando vengono per sbatterti in galera o per riportarti nel luogo da cui eri scappato, per sfuggire alla fame o alla guerra.
Il muezzin che si era affacciato dal minareto per chiamare la prima preghiera del giorno dovette stropicciarsi ripetutamente gli occhi, per essere sicuro che non si trattasse di una visione. Ma no, non era affatto una visione. Una sorta di Armada Invencible, di Grande y Felicisima Armada aveva circondato la moschea e si preparava a sferrare l'attacco decisivo.
L'operazione era guidata “di persona personalmente” (come direbbe Catarella) dal Podestà di Macondo che, in procinto di andare in pensione, aveva ritenuto opportuno compiere un altro gesto eclatante che i suoi concittadini di certo non avrebbero dimenticato. Se il podestà Pretini era stato il podestà dei record (primo podestà laureato, primo podestà suonatore di violino e primo podestà democristiano di una giunta comunista) il podestà Guerrieri sarebbe passato alla storia come il podestà dei gesti eroici: bagno a capodanno nelle acque gelide delle Ghiaie (sulle orme di Mussolini e Mao Tse Tung), primo consiglio comunale sullo sperduto isolotto di Montecristo, festeggiamento della vittoria elettorale dormendo sotto una tenda in cima al Monte Capanne.
Lo schieramento di forze era imponente. Reparti del 185° Gruppo di Artiglieria da campagna della Folgore avevano minacciosamente puntato le loro bocche da fuoco contro la moschea. Altrettanto avevano fatto i mostruosi panzer Tigre, dietro ai quali si stavano preparando nuclei speciali del 5° battaglione della Folgore El Alamein e i mitici “incursori” del 9° battaglione di assalto Col. Moschin, sempre della Folgore.
Alla banchina di alto fondale era stata fatta attraccare la portaerei Garibaldi, carica di aerei, elicotteri e marò pronti ad intervenire in caso necessità.
Il podestà guidava le operazioni dall'alto, a bordo del potente elicottero Agusta pilotato dal Vicepodestà. Si sarebbe calato con un cavo e sarebbe sceso nel minareto. Indossava una tuta mimetica da combattimento, un elmetto alla John Wayne nel film “Il giorno più lungo”, baionetta al polpaccio, 44 magnum appesa al cinturone e bazooka a tracolla (ma qualche malalingua insinuava che non avesse mai fatto nemmeno il servizio militare).
Diede il via all'operazione. Cominciò a calarsi mentre l'elicottero rimaneva fermo sulla moschea e i reparti, al grido di guerra di “Folgore! Folgore!” iniziarono ad avvicinarsi e a prepararsi ad irrompere all'interno dei locali.
I poveri diavoli uscirono impauriti, uno dietro l'altro, con le braccia alzate. Erano una decina. Il materiale che si trovava nella moschea, compresi oggetti personali e stufe per riscaldarsi, venne caricato su dei camion con una gru e portato via.
I “pericolosi” immigrati sarebbero stati impacchettati e rimpatriati su degli zatteroni.
Sulla sua pagina facebook il Capitano scrisse immediatamente: “Complimenti al Podestà Guerrieri. Il suo gesto è assimilabile alle imprese di Balbo e D'Annunzio. Prima gli italiani. Me ne frego degli immigrati. Gli regalerò dieci magliette con la ruspa sul petto”.
Ma non tutti furono così entusiasti dell'ennesimo atto eroico del Podestà. Qualcuno criticò l'operazione dicendo che era un pessimo esempio di allocazione delle risorse pubbliche.
Qualcun altro fece osservare che tutto poteva essere risolto in modo diverso, con minori costi e minore dispendio di energie, ma con maggiore rispetto dei principi di umanità e solidarietà. Bastava coinvolgere i servizi sociali e, insieme a loro, cercare una soluzione dignitosa per dieci poveracci che vivevano vendendo cianfrusaglie e recuperando l'euro dai carrelli della Coop.
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