Il seno di Paolina Borghese Bonaparte nella Venere vincitrice di Antonio Canova
di Giuliano Giuliani
pubblicato domenica 18 novembre 2018 alle ore 23:58:48
Da che mondo è mondo il seno della donna è stato per l’uomo fonte ineludibile d’attrazione.
Succede sempre, o quasi sempre, che quando un uomo vede una donna per la strada, la prima cosa che fa, guarda il suo seno. Questo impulso primitivo ed inconscio si rifà al principio del nutrimento e della fecondazione.
Il seno, infatti, ha molti significati simbolici, come il sostentamento dei figli esplicitato con l'allattamento, o quello della pulsione erotica che ha come fine la procreazione.
È risaputo che quando una donna allatta produce una energica quantità d’ossitocina, chiamato spesso ormone delle coccole ma anche “ormone dell’amore”.
Il seno, dalla classicità ai nostri giorni, è stato citato e trattato innumerevoli volte da poeti, scrittori, pittori e scultori.
Noi vogliamo parlarvi del seno nell’arte scultorea, l’arte che più affascina e seduce la nostra percezione di bellezza viva che molti artisti del passato hanno resa sublime e immortale.
Dovendo parlare di scultori e di bellezza scultorea del passato, dobbiamo parlare del veneziano Antonio Canova e di una delle sue opere più celebri che, come tutti sanno, è la statua di Paolina Bonaparte principessa Borghese ritratta come Venere vincitrice.
Al principio del XIX secolo Canova era lo scultore più famoso d’Europa. Lo stesso Napoleone era affascinato e interessato allo stile “eternato” delle sue opere. Così come il principe Camillo Borghese, che nel 1803 aveva sposato in seconde nozze la sorella prediletta del Bonaparte Maria Paola meglio conosciuta come Paolina.
In un primo tempo alcuni storici presupposero che a commissionare la celebre statua fosse stata la stessa principessa Borghese, data la sua smaniosa vanità. Gli studiosi sostenevano che la sua spregiudicatezza non aveva limiti. Si era sempre dimostrata una delle donne più disinibite del suo tempo, arrivando fino a mostrare con fierezza le sue nudità. Era senza alcun dubbio una delle donne più libere: una femminista ante litteram.
Questa opinione fu sostenuta finché nel gennaio del 1817 non fu ritrovata una lettera di Paolina indirizzata al principe consorte in cui era scritto tra l’altro: “Sapendo che accordate a qualche persona di vedere il mio ritratto in marmo, amerei che questo non si facesse atteso alla nudità che tiene un poco all’indecenza. Questo non fu fatto che per solo Vostro piacere. Sopportato che questo più non esiste, è bene che resti nascosto agli occhi di tutti”.
Bastarono queste modeste parole a generare dubbi. Così il committente sarebbe stato il principe Camillo Borghese. Il pensiero si suddivise e rimase tale finché la scoperta di altri documenti rivelò che la statua doveva cassare il disagio di Camillo Borghese per una cessione a Napoleone di duecentocinquanta marmi. Un evento poco conosciuto e uno strano modo di risolverlo. Così viene spontaneo chiedersi: “Quale fu la vera ragione che indusse il principe Borghese a coinvolgere il grande Antonio Canova e compromettere la già discussa moralità della consorte Paolina?”
Cinque anni dopo il colpo di Stato “del 18 Brumaio”, che rovesciava il Direttorio della nuova Repubblica, istaurando un Consolato con a capo il corso Napoleone Bonaparte, costui, rotti gli indugi, si faceva plebiscitamene nominare imperatore dei francesi.
Nell’autunno del 1804 a Parigi, nella cattedrale di Notre Dame, si stavano eseguendo i costosi lavori di restauro, perché la cerimonia dall’incoronamento apparisse alla nobiltà e al popolo “il più sontuoso e magnifico spettacolo della storia”.
Allo stesso tempo, nel suo studio romano di via delle Colonnette, Antonio Canova, stava rivedendo e discutendo gli schizzi dell’opera che il principe Camillo Borghese gli aveva da qualche mese commissionato.
Gli schizzi dell’opera piacquero molto al principe. Egli disse al Canova che non vedeva l’ora di ammirare le prime bozze del modello in gesso.
Paolina stava attraversando il periodo peggiore della sua vita. Il fratello Napoleone le aveva proibito di andare a Parigi; doveva restare a Roma con il principe consorte. Eccezionalmente l’aveva invitata a partecipare alla cerimonia della sua incoronazione imperiale.
Poi la seconda tremenda disgrazia. Due anni prima la morte del marito generale Charles Leclerc, che aveva contratto la febbre gialla a Santo Domingo e, nell’agosto di quell’anno, a Frascati, quella del figlio di sei anni Dermide, stremato dalla stessa febbre.
La morte del suo unico bambino procurò alla principessa Borghese un dolore straziante. Dopo questi due gravi lutti e l’imposto matrimonio con il principe Camillo Borghese, imposto da Napoleone come un atto di Stato, ella cercava più che mai la libertà. Così, in quel momento tanto sofferto, l’idea del principe consorte di commissionare una statua alla sua bellezza parve alla principessa quantomeno inopportuna.
All’epoca Maria Paola Bonaparte aveva ventiquattr’anni ed era giudicata la donna più bella d’Europa.
Per Canova era un onore e un piacere immortalare la sua leggiadria e levità sessuale; e forgiare nel marmo la sua libera e candida nudità.
Quando lo scultore iniziò a fare le sedute per ricavare i calchi utili a dare vita all’opera scultorea, il matrimonio di Paolina Borghese era in crisi irreversibile.
La principessa soffriva di malesseri e disaffezioni, e soprattutto si sentiva in colpa per la morte del figlio, che lei non aveva potuto assistere nelle ultime ore della vita perché era in cura ai bagni di Lucca.
Nonostante lo stato di dolorosa prostrazione si era messa a disposizione del Canova con lo spirito remissivo di una vivida e estemporanea modella.
Si trattava di eseguire un calco diretto del gesso sul volto e specifiche parti del suo corpo.
Questa operazione invadente, decisamente incongrua su parti intime, era comunque l’unica possibile per ottenere una forma identica al soggetto reale.
Il calco più faticoso e delicato da realizzare, come si può immaginare, fu il seno.
Non era un seno grande quello di Paoletta Bonaparte, ma aveva una significativa maturità e incantevole morbidezza.
Non era della forma della scultura greca, tanto cara al Canova, ma era in un certo senso perfetto e nobile come il suo stato.
Le nuove tecniche d’indagine sulle antiche opere d’arte hanno rivelato che la parte anteriore del seno della Venere vincitrice, che di norma doveva avere una configurazione rotonda è flessa su sé stessa, rappresentava una deformazione che era da impure al gesso, che al momento del calco, avrebbe determinato il cosiddetto “effetto maglietta bagnata”.
Per questo gli esperi ritengono che il Canova abbia steso sul seno della principessa Borghese del gesso stemperato in acqua.
La tecnica usata nel XIX secolo, come accennato, era rudimentale e decisamente inappropriata, soprattutto se eseguita su parti intime e delicate come appunto il seno: l’esperienza poteva avere conseguenze inaspettate e indistinte.
Oggi, con le moderne avanzate tecniche d’indagine, è stato scoperto che il capezzolo dell’ignara Paolina denota uno schiacciamento della fascia superiore dovuta alla gravità e forzatura impressa verticalmente sulla parte.
L’impronta che ne risulta è quella di una moderna ingessatura ortopedica.
La povera Paolina, che aveva tanti difetti caratteriali e comportamentali, aveva accettato questa violenza con dignità e fierezza.
Forse anche per questa sua dignitosa sensibilità al dolore, Napoleone la preferiva agli altri fratelli e le perdonava frivolezze e spregiudicate eccentricità.
Era generosa e affettuosa Maria Paola Bonaparte. Non bisogna dimenticare che con la madre Letizia fu l’unica della numerosa famiglia a condividere l’esilio del fratello all’Isola d’Elba. E dopo Waterloo, la sola a pregare insistentemente le autorità inglesi perché gli permettessero di andarlo ad assistere nella lontana Isola di Sant’Elena.
Dopo avere ottenuto i preziosi calchi, il Canova li passò nelle mani dei suoi 12 allievi assieme agli schizzi e ai bozzetti in terracotta, perché fosse data “forma reale” alla realizzazione della statua in argilla su cui sarebbe stato colato il gesso.
In un secondo tempo, con una specie di “compasso” - oggi si chiama pantografo - si trasferivano sul marmo le esatte proporzioni delle parti in gesso.
La statua così abbozzata tornava nelle mani del Maestro che la rifiniva dandogli forma viva e giuste sfumature.
Infine, prendeva della cera ambrata e la passava e ripassava sulle parti nude finché non otteneva il colore “verosimigliante dell’incarnato umano”.
Agli inizi del 1808 il ritratto statuario in stile neoclassico della Venere vincitrice era finalmente terminato.
Lo scultore imperiale Antonio Canova aveva rappresentato Paolina Bonaparte principessa Borghese nuda con in mamo una mela: il pomo della vittoria che Paride aveva offerto alla Dea che per lui era la più bella.
Il busto è completamente discinto. La parte inferiore del corpo è rivestita da un drappo che ne svela comunque le forme mature ed eleganti donando alla raffigurazione una carnale sensualità.
Il 24 aprile dello stesso anno, Camillo e la consorte principessa Paolina si trasferivano da Roma a Torino dove il principe rivestiva l’incarico di Governatore Generale dei Dipartimenti transalpini. Un mese dopo, il grande artista veneto riceveva dal Borghese la considerevole somma di seimila scudi, quale compenso per il completamento della sua straordinaria opera scultorea.
Napoleone, nonostante la riluttanza della sorella a seguire il principe da cui era ormai divisa, anche in questo caso la costrinse a seguirlo. Lei, dopo un mese che stava a Torino, andò ad abitare a Nizza. E per consolarsi dell’ennesima imposizione del fratello, si faceva per amante il maestro di composizione Felice Blangini.
Paolina vivrà tra Nizza e Parigi sino al 1814. Mentre il principe Borghese resterà a Torino Palazzo Chiablese sino alla caduta di Napoleone a Waterloo.
Accantonata definitivamente l’ultima legittima unione con il principe Borghese, Paolina negli anni che intercorsero tra il 1808 e la data fatidica dell’abdicazione del fratello a Fontainebleau, era tornata alle spensierate gioie dei salotti parigini e alle follie d’amore assommando la cifra di ben ventidue riconosciuti amanti.
Mentre la tanto desiderata Venere vincitrice era celata e sigillata entro una grande cassa di legno nella tetra oscurità del palazzo Borghese di Torino, dove sarebbe rimasta imprigionata per vent’anni prima di raggiungere la sua definitiva dimora di Villa Borghese a Roma.
Dopo la disfatta Waterloo e la morte dell’amato fratello che non aveva potuto più vedere, Paolina cercò l’ultimo impossibile amore nel giovane musicista catanese Giovanni Pacini che gli arrecò più afflizioni che gioie. Di seguito, i suoi malori crebbero con i suoi rimpianti, e la sua vita andò gradualmente spegnendosi nei ricordi.
Consapevole del poco tempo che gli sarebbe rimasto da vivere, Paolina scrisse al principe Borghese suo marito. Nella sofferta lettera, diceva di aver riflettuto e compreso che il suo cuore alfine lo desiderava.
“Non pongo alcuna condizione. Ho scritto io stessa al Papa che non voglio più sentir parlare della Sacra Rota, e che se voi lo desiderate sono pronta a fare quello che vi aggrada. Insomma, caro Camillo, fate di me quel che volete”.
A risolvere la non facile rappacificazione tra Paolina e Camillo, fu papa Leone XII, che esortò il principe “a vivere con lei in buona armonia, presentando un esempio edificante con il suo lodevole comportamento”.
Dopo l’inchino del principe al consiglio del Pontefice, le porte del palazzo fiorentino della famiglia Borghese si dischiusero, e l’infedele Paolina, completamente diversa dalla donna sicura e libera di un tempo, poté riprendere il ruolo di legittima consorte che aveva sempre rifiutato e rispettato.
Dopo alcune settimane di vita serena accanto al suo sposo e ad una cittadinanza che le stava dimostrando rispettoso affetto, la principessa Borghese si allettò sfinita dal tumore al seno che la stava crudelmente spengendo.
Qualche giorno dopo disse al confessore: “Padre, diedi in mia vita molto scandalo; oggi sono chiamata a dare dei grandi conti a Dio, ma ho confidenza nella sua bontà, che mi rende meno terribile il mondo in cui sto per entrare. La mia vita fu tutta mondana ed una cristiana deve temere la morte quando non abbia vissuto da cristiana”.
Dopo il suo corpo debilitato si sollevò lentamente appoggiandosi sul braccio di uno dei guanciali per ascoltare attentamente la parola di Dio, nella stessa posizione che ricordava esattamente quella della statua del Canova. Il suo pallore di agonizzante, sotto quel cortinaggio bianco le cui pieghe anticipavano il gelido involucro del candido lenzuolo, lei, era ancora bella, sempre bella fino alla morte.
I suoi occhi sempre fissi verso il ritratto scolpito dell'imperatore, rivelavano che la sua anima conversava con lui, e solo allora un sorriso di dolcezza infinita rischiarava il suo bel viso, sempre bel-lo… bella anche negli attimi fuggenti della vita.
L’uso di Roma era che le principesse romane fossero esposte per tre giorni a viso scoperto, prima d’essere deposte nel sepolcro della loro famiglia. “A quest'uso non voglio sottomettermi” disse alla sua prediletta dama di compagnia, “perché quei Romani che mi hanno veduta così bella mi possono sconoscere. Non voglio che dopo aver ammirato in me il modello della copia “imperfetta della Venere di Canova” possano dire: Non è dessa! Ti chiedo dunque di far eseguire religiosamente la mia volontà a questo proposito…Non voglio che il mio corpo dopo morto sia toccato da chirurgi, voglio essere posta in una cassa di piombo non appena avrò renduto l’ultimo respiro”.
“Ora” - disse ai suoi cari tutti d’intorno - “addio, addio... è l'ultimo…Non piangere Camillo e perdonami i dispiaceri che ti ho cagionati.
Ora venga pure la morte, che passerà sopra di me inosservata agli occhi del mondo, il quale non verrà a contemplare i guasti di lei sui miei lineamenti sconvolti”.
Dopo queste parole spirò, lasciando tutti coloro che l’amavano e l’avevano amata nella più profonda commozione.
Il fratello di lei, qualche giorno prima di spirare nella solitudine di Sant’Elena aveva detto: “Paolina, la più bella donna del suo tempo, è stata e rimarrà fino alla fine la migliore
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